
Sulle sim svizzere non ci siamo svegliati oggi e le falle di questa  parte dell'indagine Offside abbiamo iniziato a trattarle, evidenziando  possibili incongruenze, con un articolo di Emilio Cambiaghi del 2007, e mettendo in risalto un fatto strano, già dal giugno 2008, nell'articolo "Calciopoli, un'indagine debole",  ancor prima dell'inizio del processo, quando non avevamo neppure  conoscenza dei fatti poi emersi dalle testimonianze di Teodosio De  Cillis, dei marescialli Nardone e Di Laroni, per finire con Auricchio. Quell'articolo del 2008 è propedeutico a quanto mettiamo in evidenza oggi.
A  seguito di quell'analisi ci siamo chiesti perché "I magnifici 12 della  squadra Offside" (così definiti in un articolo del 2006 di Repubblica,  ndr) non abbiano mai fatto un blitz a Coverciano, visto che nelle  informative avanzavano l'ipotesi che Moggi parlasse con degli arbitri.  Ci siamo anche detti che a questa domanda si poteva controbattere con la  tesi che un blitz avrebbe portato alla luce un'indagine che si voleva  ancora mantenere segreta. Certo quell'indagine non era custodita con il  massimo livello di protezione, se è stato così facile farla "fuggire".
Poi  ci siamo chiesti, e lo abbiamo scritto in quell'articolo del 2008,  perché appena scoperto l'intestatario delle prime tre sim svizzere non  abbiano provveduto a raccogliere delle sommarie informazioni  testimoniali di Arturo De Cillis, citato nelle informative in un brano  copiato ed incollato da Auricchio per ben cinque volte.
Anche in  questo caso abbiamo pensato che, pur rivestendo la parte sulle sim  straniere un ruolo fondamentale nella formulazione dell'accusa, avevano  potuto optare per la rinuncia in favore della segretezza dell'indagine. 
Ma  già ritenevamo strano il fatto che Arturo De Cillis non fosse stato  interrogato neppure dopo la fuga dei documenti d'indagine, perché nessun  giornale dava notizia del contrario. Le cose sono diventate un po' più  chiare ad aprile 2007, quando la storia delle sim e della deposizione  spontanea di Teodosio De Cillis è stata resa nota dalla stampa,  confermando che neppure dopo che l'indagine era "fuggita" gli  investigatori avevano pensato di interrogare l'intestatario di quelle  sim straniere che erano già uno dei pilastri e degli strumenti della  cupola che avevano ipotizzato.
Nel maggio 2006 erano troppo impegnati  con gli interrogatori per poter andare a Como ad interrogare Arturo De  Cillis, o per convocarlo a Roma? Non ci convince, perché pochi giorni  dopo due marescialli andavano a Como ad interrogare un De Cillis, quel  Teodosio che si era presentato spontaneamente il 27 maggio e del quale i  carabinieri di via In Selci sembrano ignorare l'esistenza nelle  informative, dove invece parlano del fratello Cristino, che "risulta  titolare di una struttura alberghiera in Cernobbio, denominata  “Giardino” sita in Cernobbio, via Regina n. 73. L’espletamento di  specifica attività informativa ha consentito, altresì, di appurare che  la citata struttura alberghiera è spesso utilizzata per l’alloggiamento  riservato di esponenti del mondo calcistico (la stessa Cernobbio è  crocevia di convegni e di attività anche di calciomercato)". 
La  "specifica attività informativa" non è stata molto accurata se è  sfuggito che Arturo ha un altro figlio, Teodosio, titolare di un negozio  di telefonia a Chiasso.
La stranezza del mancato interrogatorio di  Arturo De Cillis assume una dimensione ancora maggiore con  l'interrogatorio di Auricchio, perché emerge che il De Cillis poteva  essere ascoltato già dal maggio 2005, quando è venuta meno la  motivazione della segretezza dell'indagine. Andiamo con ordine.
Nel corso del processo abbiamo appreso che Teodosio De Cillis si è recato dai carabinieri di Como, il 27 maggio 2006 alle ore 22.40,  per dichiarare che le sim le aveva vendute lui e così tirare fuori dallo  scandalo del pallone il padre ed il fratello, citati nelle informative.
Poi a novembre 2009 Michele Di Laroni,  il maresciallo che ha realizzato gli abbinamenti sim-indagato, ci ha  detto che una volta scoperto il primo numero di sim straniera in uso a  Moggi, la sera della grigliata con Bergamo del 9 febbraio 2005, si sono  rivolti al Centro di Polizia Doganale di Cooperazione di Chiasso, "un organismo italiano interforze che sta in Italia, non c’entra niente con la Svizzera", e sono venuti a conoscenza che: "i  tre numeri erano del gestore mobile svizzero Sunrise ed erano tutte  intestate alla medesima persona, ossia tale signor De Cillis Arturo...  Provvedevamo a richiedere all’Autorità Giudiziaria di poter monitorare  queste tre utenze, in particolare, credo, con una informativa del 21  febbraio 2005. Queste tre utenze venivano monitorate per 15 giorni con esito negativo,  nel senso che non producevano alcun traffico, tant’è che venivano  staccate. [...] Fino, poi, che arriviamo al mese di maggio 2006,  allorché l’indagine viene portata a conoscenza dell’opinione pubblica ed  in particolare, ovviamente, viene portato a conoscenza che erano state  individuate queste 3 utenze e che erano intestate al signor De Cillis. A  questo punto… il 27 maggio 2006 De Cillis Teodosio, si presenta  spontaneamente presso l’Arma di Como, dove rilascia delle dichiarazioni  in merito a queste utenze. Ovviamente, lui si dichiara che… dichiarava  di essere titolare di un negozio di telefonia a Chiasso. Viste le  dichiarazioni del De Cillis, ovviamente, l’Arma di Como, che non  conosceva l’indagine, il 7 giugno sono stati inviati a Como, previo  invito, insomma, concordato col De Cillis presso l’Arma di Como,  personale… miei colleghi e ovviamente è stato sentito con maggiori  dettagli e tutto il resto. E nella circostanza il De Cillis, e questo…  ci forniva un elenco di 9 utenze, tutte del gestore Sunrise, tutte  utenze intestate a De Cillis Armando, che aveva intestato nel tempo al  padre, e utenze che lui, comunque, schede sim che aveva venduto.". 
Di  Laroni certifica che le sim svizzere possono essere intercettate,  avendolo fatto per le prime tre, ma tanti giornalisti continuano a  parlare a vanvera delle sim svizzere come "non intercettabili",  dimostrando di non aver neppure ascoltato il Di Laroni nell'audio  dell'udienza disponibile su Radio Radicale.
I marescialli Nardone e Della Ratta vanno ad interrogare il De Cillis a Como il 7 giugno ed alle 14.39  dalla caserma dei carabinieri di Como parte un fax, diretto a via In  Selci, con i 9 numeri forniti dal De Cillis. Lo stesso 7 giugno Di  Laroni redige un'informativa e alle 17.34 gli investigatori fanno  richiesta di acquisizione dei tabulati relativi ai numeri ottenuti dal  De Cillis. A quel punto gli investigatori vanno di corsa e fanno in  fretta, dopo essersi disinteressati dei De Cillis, la chiave di volta,  per un anno e mezzo.
Il 22 dicembre 2009 depone il maresciallo Nardone che racconta: "Ormai  tutti i giornali parlavano di questa cosa, perché il comandante  provinciale del Reparto Operativo di Como chiamò i miei comandanti e  disse che c'era una persona che sapeva le schede, da dove venivano  quelle schede di cui si parlava ma che non erano state ancora, diciamo  non era stato spiegato bene che cosa. Quindi, noi andammo su a Como a  fare questo servizio, a sentire sia il fratello del proprietario... che  poi mi sembra che questo qui fosse un ristoratore, avesse un ristorante  sul lago di Como, dove il comandante provinciale andava a mangiare.  Quindi, quando c'è stata questa cosa in tv, lui parlò con il comandate  provinciale e disse "Guarda che mi sa che è mio fratello quello che ha  venduto queste schede", e, quindi, noi da Roma siamo andati subito su a  Como, io e Della Ratta". Poi Nardone ammette di essersi recato in Svizzera con l'auto dell'interrogato: "Diciamo  che siamo arrivati lì, abbiamo sentito il De Cillis e lui ci ha detto  che era lui che aveva venduto queste schede e poi, con la macchina del  De Cillis, siamo andati al suo negozio, abbiamo acquisito la  documentazione investigativa e poi..."; l'avvocato Prioreschi domanda: "Quindi  siete andati con la macchina di De Cillis a Corso San Gottardo, 27,  Chiasso, Svizzera, nel suo negozio. Quindi lui che ha fatto? Ha preso  tutta la documentazione relativa...", Nardone risponde: "L'abbiamo presa noi".
Poi  vengono i giorni delle deposizioni di Auricchio e veniamo a conoscenza  che l'indagine non era più "segreta" dall'aprile/maggio 2005.  Nell'udienza del 30 marzo 2010 Auricchio viene interrogato dall'avvocato  Picca, difensore dei Della Valle, che chiede perché i suoi assistiti  non siano stati mai intercettati:
Avv. Picca: Spiega al tribunale il perché di questa ulteriore scelta investigativa?  Atteso che Lei alla scorsa udienza ha riferito che quando nell'ambito  delle attività di intercettazione telefonica emergevano dirigenti o  presidenti di squadre quali interlocutori, la vostra modalità  investigativa era di sottoporre ad intercettazione diretta le utenze  mobili o fisse di questi dirigenti?
Auricchio: Non  lo abbiamo fatto perché dal punto di vista programmatico siamo a maggio.  L'attività inerente alla Fiorentina è un'attività di ricostruzione  successiva e noi, in quel momento, avevamo già un'idea di chiudere di lì  a poco le attività tecniche...
Avv. Picca: Colonnello, si fermi. La mia domanda è semplice e Le chiedo anche di  dare al tribunale una risposta di compatibilità rispetto a quello che  Lei ha riferito nelle scorse udienze. Lei ha detto che le  intercettazioni sulle utenze di Andrea e Diego Della Valle e Mencucci  non le avete fatte. Spiega al tribunale il perché di questa scelta?
Auricchio: L'ho detto. Le indagini erano agli sgoccioli, gli indagati ne erano già a conoscenza, avevamo già registrato una serie di comportamenti telefonici che erano in contrasto con la genuinità del mezzo e dello strumento tecnico... Era orientamento nostro, condiviso dai pubblici ministeri, concludere di lì a poco, non appena si chiudeva il campionato... Monitorare Della Valle non aveva nessun senso dal punto di vista investigativo.
Questa  dichiarazione è stata "rilevante" in quanto ha confermato che gli  indagati erano informati dell'indagine in corso da maggio 2005, come  conferma la notificazione poi esibita da De Santis, datata 9 maggio 2005 e ricevuta a giugno di  quell'anno. Inoltre Auricchio ci ha detto che gli stessi pm Beatrice e  Narducci erano orientati a chiudere quella fase. 
Allora la domanda ritorna spontanea, visto che la motivazione della segretezza non esisteva più dal 2005: 
perché Arturo De Cillis, intestatario di quelle tre sim scoperte, non viene interrogato già dal maggio/giugno 2005? 
E neppure ai pm Narducci e Beatrice è mai venuto in mente di chiedere ad Auricchio di interrogare Arturo De Cillis? 
Interrogarlo  non comportava il rischio di svelare un'indagine della quale gli  indagati erano stati avvisati. Gli investigatori avrebbero potuto sapere  un anno prima, avrebbero potuto indagare con notevole anticipo ed  intercettare qualcuna di quelle sim svizzere, visto che quella  attribuita a De Santis risulta attiva fino al 5 novembre 2005 e quella attribuita ad Ambrosino fino al 23 marzo 2006.  Avrebbero potuto esibire una prova inconfutabile, ed invece queste sim  svizzere sembrano accompagnate da una sorta di maledizione per chi vuole  certezze: sarebbero le pistole fumanti ma non fumano. La stampa scrive che Nucini ne ha ricevuta una straniera, "segreta". Nucini sostiene di aver ricevuta ma che era italiana, dice che butta subito la preziosa prova, no, anzi, la usa un  paio di volte, ne comunica il numero a Facchetti ma, da nostre fonti,  nell'unico foglio di appunti di Facchetti su Moggi, in quello che la  stampa ha definito "Il Memoriale", non c'è traccia di questo  numero e, a differenza di quanto riportato da certi giornalisti, non c'è  nulla su sim straniere, o segrete, ma solo che sono "schede Omnitel/Tim"!  Auricchio potrebbe sperare di beccare la voce di un arbitro  intercettando una sim svizzera (diversa dalle prime tre intercettate) ma  non succede, perché non hanno ritenuto utile interrogare Arturo De  Cillis. Perché pm ed investigatori si accontentano di sapere soltanto  chi è l'intestatario delle sim senza ascoltarlo, visto che poi il figlio  Teodosio si rivela determinante per avviare un'indagine "a posteriori"  sulle sim straniere? 
Quale attività di indagine hanno condotto, per  un anno intero, dal 2005 al 2006? Mistero. Sono stati fermi fin quando  non è arrivata la classica "botta di..." rappresentata dall'iniziativa  spontanea del De Cillis. Lo stesso Auricchio la definisce una  circostanza fortunata nell'udienza del 13 aprile 2010:
Auricchio: La posizione mi ricordo è uno dei pochi dati a sorpresa di questa attività. Un bel giorno il signor De Cillis contatta i  Carabinieri di Como e dice "Guardate che sono io il titolare e non mio  padre". Siccome aveva visto sui dati pubblicati dai giornali il famoso  intestatario, proprio perché contenuto nelle informative, che era il  padre, ed allora il figlio si è premurato di dire "Attenzione, non  c'entra niente mio padre" e si è recato dai Carabinieri di Como a dare  questo input.
E se Teodosio De Cillis non avesse preso l'iniziativa? 
Nel  frattempo, tanto per tenere aggiornati quei giornalisti appiattiti  sulle tesi dell'accusa che forniscono ai loro lettori/ascoltatori  un'informazione "parzialmente scremata", gli arbitri Gabriele e Cassarà sono stati assolti, nonostante Di Laroni abbia attribuito ad entrambi una sim straniera. De Santis ha prove documentali che mettono a dura prova l'attribuzione di una sim  straniera definita dallo stesso Di Laroni solo "verosimile", e non  certa. L'ingegnere De Falco nella sua deposizione ha messo a fuoco i limiti investigativi dell'attribuzione della sim svizzera a Fabiani e in una recente intervista a Tuttosport è stato molto più esplicito su quello che poteva essere fatto dagli  investigatori e non è stato fatto, e sul lavoro di attribuzione: "Di  certo è stato utilizzato un metodo grossolano e non sono galileiane le  conclusioni... non mi convince niente di questo lavoro... si poteva  proprio fare di più, se proprio si credeva al teorema. Io il lavoro di  Auricchio proprio non l’ho capito. Avevano a che fare con un materiale  eccitante, ma l’equivalenza tra indizio e prova è evidente per quanto  emerge in udienza. Hanno fatto tutto da soli. Poi la spinta  dell’opinione pubblica ha avuto la meglio".
Lo stesso ingegnere  De Falco aveva fatto chiarezza sull'errata informazione, tanto  propagandata dai media, che le sim svizzere non fossero intercettabili:  sono intercettabili, tanto che gli stessi investigatori intercettano i  primi tre numeri scoperti nel febbraio 2005, non rilevano traffico e si  fermano lì.
Certo la mancanza di iniziativa nei confronti  dell'intestatario di quelle schede non ci sembra un semplice "buco", ma  qualcosa di più, di veramente strano, perché chiunque di noi avrebbe  proceduto ad interrogare il De Cillis appena possibile, già nel 2005.
La domanda sul perché di quella scelta investigativa potrebbe porla agli investigatori quel giornalista della Gazzetta che con Auricchio e Di Laroni ha buoni rapporti per aver collaborato alle indagini dall'inizio.
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