La Gazzetta ha riportato alcuni stralci dal memoriale di Giacinto  Facchetti, depositato presso la Procura di Napoli, dal figlio  Gianfelice. Vi si legge: "Basta con l’egemonia Juve-Milan, basta con i  soprusi. basta con la beatificazione di personaggi che nulla hanno a  che fare con la chiesa (Moggi, Giraudo, Galliani, Carraro)." Satira  politica, e di che livello. Continua: "Il calcio italiano è  certamente malato, ma l’'Inter non deve permettere che la terapia venga  da due o tre manager che operano solo per i loro interessi". E qui  andremo a vedere chi è il terzo.
Infine, la locomotiva di gucciniana  memoria: "Il calcio italiano ha bisogno di un treno con l’Inter che  faccia la locomotiva per trainare le altre squadre al fine di  ridimensionare lo strapotere che Juve e Milan stanno esercitando senza  trovare alcun ostacolo". Piano d'azione: "è necessario essere  organizzati e tutti, società e dirigenti, devono fare la loro parte". Un'organizzazione insomma, di potere o contropotere.
Il figlio  Gianfelice avrebbe inoltre riferito ai Pm Narducci e Capuano: "Mio  padre riteneva che l’Inter, che lui identificava con la sua vita,  dovesse diventare la società di riferimento per battere un sistema di  potere e affermare i valori del calcio pulito". Il peggior nemico,  evidentemente, ce l'aveva all'interno.
L'Inter infatti mai si schierò  al fianco delle piccole, ma si mantenne costantemente con Milan e Juve:  ad esempio per combattere la battaglia dei diritti tv contro il fronte guidato da  Della Valle, quando mise a disposizione l'avvocato di fiducia Guido  Rossi per intentare causa al consorzio dei presidenti delle  medio-piccole. Sempre in materia diritti tv, si accordò segretamente insieme a Juve e Roma (e Milan  ovvio) con Mediaset per la cessione dei diritti, tagliando fuori  dalla torta le altre 16. I diritti tv, ovvero la questione politica più  importante nel mondo del pallone, la prima (impareggiabile) fonte di  introiti. 
Chi votò l'Inter in Lega e Federazione? Zamparini e  Abete? No, Galliani e Carraro. Ah.
Era l'Inter, o era l'Atalanta,  che scambiava, con l'acerrimo rivale Milan, giocatorini di basso  cabotaggio per realizzare plusvalenze milionarie, al fine di incerottare  bilanci inguardabili? Quale fu la ratio della disastrosa operazione di  scambio con la Juve Carini-Cannavaro, se non quella di ottenere un'altra  plusvalenza fittizia da mettere a bilancio? Quando furono scambiati per  altrettante bufale, Vampeta venne valutato quanto Nedved e Gresko  quanto Pessotto. Fu sempre l'Inter, con i bilanci sfondatissimi dalle  plusvalenze fittizie, a usufruire del decreto spalmasvalutazioni, varato  dal Governo Berlusconi, proprietario degli acerrimi nemici del Milan,  catalogato dall'Unione Europea alla voce "aiuti di stato", e mai  utilizzato dalla Juventus: solo così potè dare ossigeno ad un bilancio  in profondo rosso.
Nel suo lungo periodo all'Inter, da direttore  generale, vicepresidente e poi dal 2004 presidente, Facchetti ricordava  sicuramente anche la vergogna dei passaporti falsi, per cui più tardi  Oriali e Recoba patteggiarono in Tribunale. Ma questo è un altro  discorso, come è un altro discorso la vendita del marchio a se stessi  per appianare il bilancio: cose che faceva l'Inter, di cui era  presidente Facchetti, e che in nessun modo possono essere considerate  eticamente corrette.
Un discorso più conveniente è quello dello  spionaggio illegale delle strutture di intelligence vicine a Telecom, di  cui la società, una volta morto, gli attribuì la responsabilità. Era  così che Facchetti immaginava l'organizzarsi di un contropotere? Nessuno  lo saprà mai, non credo Facchetti abbia lasciato un memoriale a questo  riguardo, sono cose per loro natura "riservatissime".
Come ho scritto la settimana scorsa, cosa passasse per la testa di Facchetti quando scriveva queste  sue notazioni, lo sanno solo lui e Dio, e nessuno dei due può  testimoniare in Tribunale. Questo per quanto attiene alla rilevanza del  suddetto memoriale.
Il fatto è, però, che la sua Inter politicamente  era schierata con Milan e Juve, su tutto. 
Qualche settimana fa,  punzecchiai l'amico Roberto Beccantini, che naturalmente aveva  conosciuto Facchetti, su questo punto. Lui mi rispose che "fosse stato  per Facchetti, si sarebbe fatto in maniera diversa". E così, quando  tentai una nuova puntura sull'intercettazione tra Facchetti e Mazzei, in  cui il Cipe chiedeva di non fare il sorteggio - telefonata che  Beccantini considera da art.6 -, mi rispose che evidentemente lo aveva  fatto "con la morte nel cuore", perché lui certe cose mai.
L'Inter,  insomma, faceva il contrario di quello che voleva Facchetti. Così  testimonia il memoriale, e così immagina anche l'amico Roberto.
Per  questo, il memoriale, per come riportato finora, mi sembra sì un  formidabile atto d'accusa, ma contro i suoi nemici interni semmai, che  realizzavano una linea politica completamente differente da quella da  lui proposta (invero miope, nella mia opinione). Allora come adesso, non  c'è bisogno di dirlo. Chissà mai che avessero ragione: in fondo  nell'Inter che vola in finale a Madrid, è rimasto poco e nulla di  facchettiano, cambiato l'allenatore, cambiato l'80% dei giocatori, e  Paolillo a capo. E Zaccheroni alla Juve a lottare per il quarto posto.
Quello  che è ridicolo, in tutta questa storia, è l'importanza che la Procura  darebbe a questo memoriale che, nel prefigurare una sacra alleanza  Giraudo-Galliani-Moggi-Carraro, rimescola ancora una volta le carte.  Innanzitutto due tasselli del suddetto gruppo di potere, Carraro e  Galliani, non sono a processo, anzi compaiono negli atti come nemici  della Juve. Anche lasciando perdere il fatto che Carraro e Galliani sono  stati votati anche dall'Inter, non si può ogni volta piegare il teorema  accusatorio ai fatti. Se amici e nemici cambiano in funzione del  momento, trattasi di strategie politiche e non di cupole. Strategie come  quelle dell'Inter: c'era chi, come Facchetti, sognava la locomotiva, e  chi decideva davvero, evidentemente, che invece andava a ruota di  Galliani.
E chissà che Facchetti non parlasse a Mazzei davvero "con  la morte nel cuore", non in indipendenza, come il Milan sostenne per  Meani, ma perché deciso più in alto. Facchetti è morto. Ma chi, nel  caso, conoscesse la verità e la tacesse, è vivo, e allora la  prescrizione, dato il perdurare dell'atteggiamento sleale, non varrebbe  più.
Non c'è un memoriale a riguardo?
Prova un po' a pensare a  questo, Gianfelice.
Il memoriale di Facchetti è un atto di accusa contro Moratti
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