La sera del 1° aprile del 1998, battendo 4-1 a Torino il Monaco di Henry e Trezeguet, la Juventus mette una serissima ipoteca sulla terza finale di Champions League consecutiva. Nel primo tempo gli ospiti resistono per mezz’ora agli assalti bianconeri, cedendo solo alla punizione di Del Piero per fallo su Zidane, e riescono a raddrizzare il risultato allo scadere della frazione, ma nella ripresa naufragano sempre grazie al binomio Zizou-Alex, col primo che procura, per la realizzazione del secondo, anche 2 rigori, prima di imprimere personalmente il quarto sigillo.
Il giorno dopo, sulla Gazzetta dello Sport, così Candido Cannavò celebra la tripletta di Del Piero, che gli vale il primo posto nella classifica marcatori stagionali di Champions e il superamento di Platini e Van Basten fra quelli di tutti i tempi: "Bisognerebbe convocare tutte le moviole del pianeta per centellinare, goccia dopo goccia, come un bicchiere di rosolio, il calcio di Alessandro il Grande, capocannoniere d'Europa e stella del prossimo mondiale. Anziché cercare le pulci negli stinchi dei giocatori, nei centimetri del campo e nel fischietto, sarebbe utile realizzare saggi di cultura sportiva."
Dalle parole del direttore della Gazzetta traspare il surriscaldamento del clima campionato, dove da settimane le partite dei bianconeri vengono vivisezionate per amplificare ogni possibile decisione arbitrale discutibile. Il 5 aprile, la Juve è attesa in casa della terza forza del campionato, la Lazio, staccata di soli cinque punti. La partita si svolge nel posticipo serale, con l’Inter che ha provvisoriamente ripreso il comando della classifica, incamerando 3 punti grazie alla vittoria interna con la Samp. I nerazzurri avevano penato in Coppa Uefa con lo Spartak a San Siro e Djorkaeff era stato subissato dai fischi. Il primo tempo è deludente sulla falsariga della partita di Coppa, con Ronaldo ingabbiato dagli uomini di Boskov, poco gioco e nessuna emozione, tranne un quasi gol di Boghossian (o autogol di Sartor) allo scadere della frazione. Nella ripresa, finalmente, si sveglia il Fenomeno, che porge a Cauet l’assist per il gol del vantaggio (in realtà, sfortunato autogol di Hugo) e, dopo il raddoppio di Sartor e un’incredibile doppia parata di Pagliuca su Montella, sigla il definitivo 3-0.
Nel posticipo serale di Roma, la straordinaria concretezza della Juve riesce a piegare una Lazio che si giocava all’Olimpico tutta una stagione, e i valori in testa alla classifica rimangono immutati. La partita, come spesso capita nei big-match, non è spettacolare, con le difese che neutralizzano spesso i reparti offensivi, dove Mancini, Boksic, Zidane e Del Piero vengono controllati agevolmente. La Juve parte aggressiva e spavalda, attacca, ma non crea occasioni eclatanti. Verso la metà del tempo esce la Lazio, a folate, ma la prima frazione si chiude a reti involate. La ripresa vede una Lazio inizialmente più determinata, ma al 15’, l’equilibrio si rompe su azione di calcio d’angolo: batte Zidane, Nesta salta a vuoto: è il suo unico errore della serata, ma Inzaghi lo punisce di testa. Al 25’ occasione per il subentrato Casiraghi, che colpisce di testa a porta vuota dopo una respinta di Peruzzi, ma Birindelli riesce a respingere. Pochi minuti dopo, Nedved si fa espellere per le offensive proteste a Collina seguite a un’ammonizione, e per la Juve la gara si fa in discesa. Nei minuti finali la Juve spadroneggia, sfiorando un paio di volte il raddoppio. La Lazio ha una fiammata solo nel recupero, quando un colpo di testa di Casiraghi sbatte su un braccio di Iuliano: è involontario, e Collina decide di conseguenza, ma ovviamente l’episodio alimenterà nuovi piagnistei. Juve 60, Inter 59, Lazio eliminata dai giochi.
La 29esima giornata dell’11 aprile, preludio alle semifinali di ritorno delle coppe europee, la Juve tifa Roma, che ospita i nerazzurri, e intanto regola in casa il Piacenza con un classico 2-0. Gli emiliani sono un avversario tutt’altro che comodo, nelle ultime 10 trasferte hanno subito solo 2 sconfitte, e infatti il primo tempo si chiude a reti inviolate, con la Juve vicina al gol solo con un palo di Zidane a porta vuota. Nella ripresa i bianconeri continuano a spingere, con determinazione ferrea e rabbiosa, e finalmente colpiscono, prima con Zidane che fulmina Sereni intervenendo su un angolo battuto da Del Piero, e a dieci minuti dalla fine con un capolavoro dello stesso Alex, che chiude una partita che ha visto 12 tiri (tra cui un palo) dei bianconeri opposti al triste zero delle conclusioni a rete dei giocatori del Piacenza.
A Roma l’Inter espugna l’Olimpico alla sua maniera, e cioè difesa e Ronaldo. Dopo un primo tempo scialbo, con i giocatori interisti dotati, secondo il cronista della Gazzetta, di “identikit dell'avversario da non mollare mai e la paziente attesa del momento opportuno per far scattare il contropiede”, il Fenomeno apre le danze al 3’ della ripresa, quando Cauet scavalca la linea difensiva di Zeman con un pallonetto e lo pesca solo davanti a Konsel. Ronaldo lo scarta e deposita la palla in rete. L’Inter, secondo costume, si chiude a riccio, ma al 18’ Cafu salta Bergomi al limite dell’area e trafigge Pagliuca. Quel che segue è un copione tipico delle squadre di Zeman: la Roma si butta in avanti alla ricerca della vittoria, dimenticando di avere di fronte un fuoriclasse che necessita di marcature attente e, ovviamente, viene punita al 30’, allorché Zanetti smarca Ronaldo che, grazie anche a un fortunato rimpallo, riporta in vantaggio gli ospiti. A quel punto, Simoni chiude la saracinesca e per Zeman non c’è più niente da fare. Juve 63, Inter 62.
Il 15 aprile la Juve conquista a Monaco la terza finale consecutiva di Champions League. Nonostante la larga vittoria dell’andata, la gara è una vera e propria battaglia, con i padroni di casa che picchiano come fabbri, tanto che dopo pochi minuti Inzaghi deve lasciare il campo per una brutta ferita al labbro superiore. Lo sostituisce Amoruso, che al 14’ segna subito un gol che però non attenua i bollenti spiriti dei monegaschi, che pareggiano al 38’ su autogol di Conte. Nella ripresa, Henry dopo soli 3’ li porta in vantaggio e suona la carica, la Juve vacilla e il protagonista diventa Peruzzi, finché una spettacolare girata di Del Piero al 32’ mette il sigillo sulla qualificazione. Al 37’ Sphear dà ai padroni di casa la vittoria di consolazione.
Manca una sola giornata prima del big match di Torino, con le duellanti divise da un solo punto. La finalista di Champions League deve ora affrontare un impegno insidioso, una trasferta in casa dello spumeggiante Empoli del giovane Spalletti, ma anche l’Inter, finalista di Uefa, attende a San Siro la bella Udinese di Zaccheroni, tutt’altro che una passeggiata. A distanza di anni, di questo turno pre-big-match tutti ricordano solo il gol di Bianconi non concesso da Rodomonti, nessuno ricorda il modo in cui l’Inter rimediò nel frattempo i suoi 3 punti. Lo facciamo noi: a San Siro l’Udinese parte all’attacco, sfiora il gol con Calori e Bierhoff (cui poi viene annullato un gol per fallo su Sartor), mentre i padroni di casa si fanno vivi con un contropiede del solito Ronaldo e un paio di pericoli su calcio d’angolo. Anche la ripresa vede l’Udinese subito all’attacco, pericolosa con Walem e Jorghensen, e soprattutto con Pineda che, lanciato a rete, viene atterrato in area da Colonnese, ma l’arbitro non concede la massima punizione. Ripetiamo: sullo 0-0 all’Udinese non viene concesso un rigore per fallo di Colonnese su Pineda, ma non ne parlerà nessuno. Simoni prova a cambiare le sorti del match buttando dentro Kanu e Djorkaeff, ma è ancora l’Udinese a sfiorare il gol con Bierhoff, che di testa spedisce sul palo. All’80', incredibilmente, su azione di calcio d’angolo Turci va a farfalle e Djorkaeff devia nella rete sguarnita, per l’immeritato vantaggio dei nerazzurri. Pochi minuti dopo, in contropiede, Ronaldo scarta Turci che lo atterra appena fuori area e viene espulso. Va in porta il povero Pineda che, dopo la beffa del rigore, si trova a fronteggiare la conseguente punizione del Fenomeno, che lo trafigge abbastanza ridicolmente, e la partita finisce. L’Inter, soverchiata sul piano del gioco e favorita dall’arbitro nell’occasione del mancato rigore, si porta a casa anche questi 3 punti. L’ambiente nerazzurro, invece di ringraziare il cielo per il dono ricevuto ribolle di rabbia e risentimento per la Juve, cavalcando l’onda dell’episodio di Empoli.
In realtà, in Toscana, la Juve, pur senza strafare (le fatiche di Monaco evidentemente non sono ancora assorbite), si era portata in vantaggio legittimando il successo di fronte a un avversario che non era riuscito a fare nemmeno un tiro in porta. Nel primo tempo l’Empoli aveva creato un paio di situazioni pericolose con Esposito, che però aveva concluso in modo sciagurato, mentre Zidane aveva sfiorato il gol al 35’. Nella ripresa, Lippi toglie gli stanchi Zidane, Deschamps e Amoruso (Inzaghi non si era ancora ripreso dalla ferita di Monaco) e inserisce Pecchia, Conte e Zalayeta. Una scelta coraggiosa, che però porta i suoi frutti, perché è proprio da una combinazione Zalayeta-Pecchia che arriva il vantaggio bianconero. Al 76’ il fattaccio: primo calcio d’angolo della partita per i padroni di casa, la palla spiove verso il difensore Bianconi che colpisce e spedisce verso la rete. La palla sembra entrare, ma Peruzzi riesce a ricacciarla fuori, vicino al palo alla sua destra. I toscani protestano ferocemente, Rodomonti fa segno di aver visto benissimo e nega loro il gol. Il replay sarà impietoso, la palla aveva superato la linea. La partita si infuoca e Rodomonti s’inventa un’espulsione a Tacchinardi, reo di aver saltato di testa a gomiti larghi su Cappellini, in realtà nemmeno sfiorato. Gli ultimi minuti la Juve li trascorre praticamente in 9, con Di Livio azzoppato, ma l’Empoli non riesce più a creare occasioni davvero pericolose. Moggi, Giraudo, Bettega, Chiusano, anche lo stesso Montero, escono dallo stadio bersagliati dai tifosi di casa al grido di “Ladri! Ladri!”. Juve 66, Inter 65.
Ovviamente, come detto, a Milano si coglie la palla al balzo: si recrimina per il gol fantasma di Bianconi ripreso a iosa dalle moviole. Il rigore di Pineda, il non gioco della squadra di Simoni (sia in questa partita che un po’ in tutto il campionato), le ripetute contestazioni dei tifosi nerazzurri, la vittoria immeritata con l’Udinese non esistono. Si scatenano i dietrologi: si ripesca un episodio del ’94, un Juve-Genoa in cui Rodomonti assegnò ai Grifoni un gol che in realtà non c’era (testa di Galante e palla salvata sulla riga), dopo il quale non avrebbe più arbitrato la Juve fino a Empoli. In realtà nel '97-'98 Rodomonti la Juve l’aveva già arbitrata, in febbraio, ma fa niente, l’importante è alimentare la polemica. Si arriverà anche all'esposto alla magistratura (e come vedremo, non sarà un caso isolato): sulla partita indaghera la procura di Firenze, che alla fine archivierà il caso, perché ovviamente non c'è niente su cui la magistratura possa indagare. Gli arbitri da che mondo è mondo sbagliano, ma quando sbagliano per la Juve per qualcuno ci dev'essere qualcosa di marcio. Per l'indagine della magistratura però non è così, evidentemente, è tutto regolare.
A nulla valgono le parole del solito Candido Cannavò sulla Gazzetta (il futuro vate di Moggiopoli!), che così commenta l’episodio di Empoli: “Per quanto vistoso sia il fattaccio, spero che nessuno dissotterri i complotti e le trame segrete. Grossolane stupidità.” D’altronde, lui l’aveva già scritto dopo la partita di andata col Monaco, celebrando Del Piero: “Anziché cercare le pulci negli stinchi dei giocatori, nei centimetri del campo e nel fischietto, sarebbe utile realizzare saggi di cultura sportiva."
Ma ormai è evidente che ciò sarebbe possibile solo se chi, a Milano, alimenta i piagnistei, dovesse riuscire a vincere a Torino la domenica dopo. Se ci sarà sconfitta, si sa già dove si andrà a parare.
Bianconi è più telegenico di Pineda e il piagnisteo è apparecchiato
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